Il progetto Uppark! Strategie di rete per il Parco Terra delle Gravine è un progetto collettivo che coinvolge partner istituzionali e privati, volto a valorizzare e tutelare un territorio di straordinaria importanza, che si estende su 13 Comuni della Provincia di Taranto (Ginosa, Laterza, Castellaneta, Mottola, Massafra, Palagiano, Palagianello, Statte, Crispiano, Martina Franca, Montemesola, Grottaglie, S.Marzano) e di un Comune della Provincia di Brindisi (Villa Castelli), per un totale di circa 28.000 ettari, e coincide con l’area del Parco omonimo istituito il 20 dicembre 2005 con L.R. n. 18.
Il Parco Terra delle Gravine costituisce un fondamento di politica territoriale, ambientale e culturale per costruire un orizzonte di consapevolezza, di inversione di tendenza economico-ambientale e culturale. Vieppiù, attualmente il Parco Terra delle Gravine non è oggetto di interventi specifici di alcun tipo, ingenerando una particolare incuria e degrado nelle aree naturalistiche in essa presenti, nonché di distacco del singolo cittadino-utente dal concetto di ambiente come bene comune.
Le priorità per l’area sono state individuate nel corso di incontri preliminari con l’Ente parco, Organismo di Gestione facente capo alla Provincia di Taranto; sono stati, inoltre, consultati documenti concernenti l’area Parco Terra delle Gravine, come a, titolo di esempio, le schede di gestione del sito SIC e ZPS “area gravine dell’arco jonico”, e altra documentazione preliminare realizzata da stakeholder locali inerente l’ipotesi di elaborazione di un piano di gestione dell’area Parco.Tra le minacce evidenziate, v’è il rischio di incendi; ci sono lediscariche abusive e le contaminazioni; v’è la carenza di dati ambientali nelle aree protette relativamente al carico di inquinanti; un insufficiente controllo del territorio; una limitata partecipazione attiva delle comunità locali alla tutela delle aree naturali.L’intervento del Nucleo Volontariato e Protezione Civile 25 Palagiano sarà proprio mirato alla mitigazione del rischio incendio e del rischio idrogeologico tramite l’acquisto di un mezzo polivalente e tramite workshop e eventi formativi per sensibilizzare le scuole nonché i fruitori del Parco.

Io non rischio è una campagna di comunicazione nazionale sulle buone pratiche di protezione civile. Ma ancora prima di questo, Io non rischio è un proposito, un’esortazione che va presa alla lettera. L’Italia è un paese esposto a molti rischi naturali, e questo è un fatto. Ma è altrettanto vero che l’esposizione individuale a questi rischi può essere sensibilmente ridotta attraverso la conoscenza del problema, la consapevolezza delle possibili conseguenze e l’adozione di alcuni semplici accorgimenti. E attraverso conoscenza, consapevolezza e buone pratiche poter dire, appunto: “io non rischio”.Io non rischio è anche lo slogan della campagna, il cappello sotto il quale ogni rischio viene illustrato e raccontato ai cittadini insieme alle buone pratiche per minimizzarne l’impatto su persone e cose. E in questo caso il termine slogan, che in gaelico significa “grido di battaglia”, è particolarmente appropriato: è la pacifica battaglia che ciascuno di noi è chiamato a condurre per la diffusione di una consapevolezza che può contribuire a farci stare più sicuri.Ogni processo di comunicazione, informazione o educazione è necessariamente un processo a cascata. Tutti noi, a scuola come sul lavoro, siamo stati formati da persone che, a loro volta, sono state formate da altre persone. Quindi ci è sembrato del tutto naturale utilizzare questo processo anche nella formazione dei volontari e, di conseguenza, nella comunicazione finale con i cittadini.Tanto per cominciare, vengono selezionati dei volontari su tutto il territorio nazionale, che svolgano il ruolo di formatori all’interno delle aree territoriali di riferimento per le successive edizioni della campagna: area nord, area centro, area sud, area Sicilia e area Sardegna. Dal 2015, infatti, si è deciso di individuare un gruppo stabile di formatori motivati, disponibili a fare una formazione più approfondita e che – suddivisi a gruppi di due o di tre su base territoriale – hanno il compito di organizzare la formazione a cascata con i volontari delle diverse organizzazioni di volontariato che partecipano alla campagna. Ogni gruppo di due o di tre volontari formatori, formati in modo approfondito da tecnici, scienziati e professionisti della comunicazione del rischio, diventa responsabile della formazione per le piazze della propria Regione: qualora risulti necessario, viene chiesto ai volontari formatori di organizzare l’attività anche per piazze di Regioni limitrofe.Alla fine del processo, per essere sicuri che tra tutti ci sia omogeneità nel livello di conoscenze, vengono organizzate delle giornate di refresh: una specie di ripasso in cui ogni partecipante è chiamato a esercitarsi anche attraverso delle simulazioni pratiche. Dopodiché, tutti i volontari sono formati e pronti a incontrare i cittadini.Diciamo incontrare, e non informare, per porre l’accento sulla filosofia su cui si fonda la campagna. I volontari non fanno volantinaggio. Non si limitano a lasciare il materiale informativo alle persone, ma si fermano a parlare con loro, illustrano il problema, in qualche modo lo raccontano e rimangono a disposizione per eventuali domande e chiarimenti. Anche dopo le giornate della campagna, visto che, come abbiamo detto, i volontari operano e vivono sul territorio in cui comunicano.Questo è quello che succede oggi nelle piazze di Io non rischio. Il domani lo costruiremo giorno per giorno con i volontari, i cittadini e tutti quelli che vivono con noi questa campagna.

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