attività associazione

. L’organizzazione opera nei seguenti ambiti :
– la promozione e la tutela dei diritti della persona mediante l’assistenza e/o la vigilanza, prioritariamente nei confronti di portatori di handicap, anziani, emarginati, minori;
– la protezione, la conservazione e la valorizzazione dell’ambiente, della cultura e del patrimonio storico ed artistico, nonché la promozione e lo sviluppo delle attività connesse;
– la protezione civile, nell’ambito della normativa vigente, in tutte le sue caratteristiche e forme, cioè: previsione, prevenzione e soccorso (ivi compreso il soccorso sanitario).

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ANTINCENDIO

Il 30% della superficie territoriale del nostro Paese è costituito da boschi, caratterizzati da un’ampia varietà di specie che nel corso dei millenni si sono adattate alla straordinaria variabilità dei climi, da quelli subaridi dell’estremo sud della penisola a quelli nivali dell’arco alpino. Il patrimonio forestale italiano, tra i più importanti d’Europa per ampiezza e varietà di specie, costituisce un’immensa ricchezza per l’ambiente e l’economia, per l’equilibrio del territorio, per la conservazione della biodiversità e del paesaggio. I boschi, inoltre, sono l’habitat naturale di molte specie animali e vegetali.

Tuttavia ogni anno decine di migliaia di ettari di bosco bruciano a causa di incendi di natura dolosa o colposa, legate alla speculazione edilizia, o all’incuria e alla disattenzione dell’uomo. Negli ultimi trent’anni è andato distrutto il 12% del patrimonio forestale nazionale.

Le conseguenze per l’equilibrio naturale sono gravissime e i tempi per il riassetto dell’ecosistema forestale e ambientale molto lunghi. Le alterazioni delle condizioni naturali del suolo causate dagli incendi favoriscono inoltre i fenomeni di dissesto dei versanti provocando, in caso di piogge intense, lo scivolamento e l’asportazione dello strato di terreno superficiale.

I mesi a più elevato rischio sono quelli estivi, quando la siccità, l’alta temperatura ed il forte vento fanno evaporare parte dell’acqua trattenuta dalle piante, determinando condizioni naturali favorevoli all’innesco e allo sviluppo di incendi.

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IDROGEOLOGICO

Nell’ambito del rischio meteo-idrogeologico e idraulico rientrano gli effetti sul territorio determinati da “condizioni meteorologiche avverse” e dall’azione delle acque in generale, siano esse superficiali, in forma liquida o solida, o sotterranee.

Le manifestazioni più tipiche di questa tipologia di fenomeni sono temporali, venti e mareggiate, nebbia, neve e gelate, ondate di calore, frane, alluvioni, erosioni costiere, subsidenze e valanghe.

Il rischio meteo-idrogeologico e idraulico è fortemente condizionato anche dall’azione dell’uomo. La densità della popolazione, la progressiva urbanizzazione, l’abbandono dei terreni montani, l’abusivismo edilizio, il continuo disboscamento, l’uso di tecniche agricole poco rispettose dell’ambiente e la mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua hanno sicuramente aggravato il dissesto e messo ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio italiano, aumentando l’esposizione ai fenomeni e quindi il rischio stesso.


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PREVISIONE

La protezione civile nata per il soccorso in emergenza, ha sviluppato negli anni sistemi di previsione e prevenzione dei fenomeni per proteggere la vita dei cittadini e il patrimonio delle comunità. Grazie alla collaborazione con enti, istituti e gruppi di ricerca il Dipartimento della Protezione Civile ha promosso studi e ricerche per migliorare la conoscenza del territorio, valutare la portata dei fenomeni e sviluppare strategie innovative per il contenimento dei danni.

Sistema di allertamento nazionale. Al Sistema di allertamento concorrono sia il Dipartimento di Protezione civile sia le Regioni e le Province autonome attraverso la Rete dei Centri funzionali, costituita dai Centri Funzionali decentrati ( uno per Regione) e dal Centro Funzionale centrale ( presso il Dipartimento). Spetta proprio alla rete dei Centri funzionali svolgere quell’attività di previsione, monitoraggio e sorveglianza in tempo reale dei fenomeni meteorologici che rende possibile la prefigurazione dei possibili conseguenti scenari di rischio. L’allertamento del Sistema di protezione civile, ai vari livelli territoriali, è invece compito e responsabilità dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome o dei soggetti da loro delegati (per esempio il Direttore della Protezione civile regionale).

Zone d’allerta. Ai fini della previsione e della prevenzione del rischio idrogeologico e idraulico, secondo la direttiva del 27 febbraio 2004, le Regioni e le Province autonome, anche cooperando tra loro e d’intesa con il Dipartimento, hanno suddiviso e/o aggregato i bacini idrografici di propria competenza in zone di allerta, ovvero in ambiti territoriali omogenei per gli effetti idrogeologici e idraulici attesi, a seguito di eventi meteorologici avversi.

Soglie e livelli di criticità. Per ciascuna zona di allerta, le Regioni e le Province autonome, anche cooperando tra loro e d’intesa con il Dipartimento, hanno identificato alcuni possibili precursori, o indicatori, del possibile verificarsi di fenomeni di dissesto e ne hanno determinato i valori critici (es. un’intensa precipitazione in grado di provocare smottamenti o frane), in modo da costruire un sistema di soglie di riferimento. A questo sistema di soglie corrispondono degli scenari di rischio, distinti in livelli di criticità crescente: ordinaria (es. smottamenti localizzati, allagamenti di sottopassi, rigurgiti fognari, ma anche fenomeni localizzati critici come piene improvvise e colate rapide); moderata (es. esondazioni ed attivazione di frane e colate in contesti geologici critici); elevata (estese inondazioni e frane diffuse).

Livelli di allerta. Sulla base delle valutazioni e dei livelli di criticità dichiarati, al Presidente della Regione compete l’allertamento del Sistema di protezione civile locale, secondo determinati livelli di allerta che vengono comunicati anche al Dipartimento della Protezione Civile. I diversi livelli di allerta rappresentano le fasi codificate di attivazione delle strutture che comportano la messa in atto di azioni di prevenzione del rischio e gestione dell’emergenza. E’ al Sindaco che compete l’attivazione di quanto previsto nel proprio Piano di protezione civile e, in particolare, l’informazione alla popolazione. Al Dipartimento compete l’informazione e l’allertamento delle componenti statali e delle strutture operative del Servizio nazionale di protezione civile.


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PREVENZIONE

La conoscenza del territorio e delle soglie di pericolo per i vari rischi costituisce la base, oltre che per le attività di previsione, per definire gli stati di attivazione – attenzione, preallarme e allarme, per i rischi prevedibili, a cui corrispondono determinate procedure nella pianificazione di emergenza.

È compito delle componenti di protezione civile, ai vari livelli, individuare gli interventi utili a ridurre entro soglie accettabili la probabilità che si verifichino eventi disastrosi, o almeno a limitare il possibile danno. Tra queste azioni è fondamentale l’informazione alla popolazione e l’indicazione dei comportamenti da adottare in relazione ai rischi di un determinato territorio. Come previsto dalla legge n. 265 del 1999 è competenza del Sindaco – quale prima autorità di protezione civile – informare la popolazione sulle situazioni di pericolo per calamità naturali.

Programmi di previsione e prevenzione. I programmi di previsione e prevenzione sono lo strumento per individuare le priorità di intervento e i tempi con cui attuare azioni di protezione civile, in funzione della pericolosità di un evento, della vulnerabilità del territorio e della disponibilità finanziaria. Il Dipartimento della Protezione Civile dà linee guida per la preparazione dei programmi di previsione e prevenzione, sono poi gli enti locali, in particolare le Province e i Comuni, a metterli in pratica con attività di previsione e interventi di prevenzione.

Le attività di prevenzione vanno dall’individuazione dei rischi del territorio alla realizzazione di sistemi per ridurre il rischio. È il caso, ad esempio, della classificazione sismica del territorio italiano che ha permesso di delineare le norme antisismiche per la costruzione degli edifici.

Piani di emergenza. I programmi sono il presupposto per la definizione dei piani di emergenza, cioè le procedure operative da attuare quando si verifica un evento in un determinato scenario. I piani di emergenza sono distinti per rischio e riferiti ad aree specifiche del territorio italiano. Al Dipartimento compete la pianificazione di emergenza per eventi “attesi”, che per natura ed estensione richiedono l’intervento degli organi centrali dello Stato. Le Regioni danno linee guida per la preparazione dei piani provinciali per gli eventi di tipo b, e i Comuni predispongono i piani per eventi di tipo a, a seconda dei rischi del loro territorio. In base a quanto previsto dalla legge n. 100 del 2012, i piani comunali di emergenza devono essere redatti entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, e periodicamente aggiornati.

Informazione, formazione ed esercitazioni. Uno degli aspetti centrali della prevenzione è sensibilizzare la popolazione sui rischi del territorio, su cosa fare in caso di pericolo, e su come agevolare i soccorsi durante una calamità. A questo proposito il Dipartimento della Protezione Civile promuove campagne e attività di informazione, anche con la collaborazione di altre istituzioni e associazioni.

Il Dipartimento promuove anche attività di formazione, in stretta collaborazione con gli enti territoriali per favorire la crescita di una “cultura di protezione civile”. Le attività sono rivolte al volontariato, ai “livelli territoriali competenti” cioè regioni, province, comunità montane e comuni e alla scuola.

Anche con le esercitazioni si realizzano attività di prevenzione perché vengono valutate l’efficacia e la validità di un modello di intervento per fronteggiare un’emergenza, i piani, le procedure decisionali e la gestione dell’informazione. Le esercitazioni vengono promosse ad ogni livello del Servizio Nazionale, e quando organizzate dal Dipartimento prevedono anche il coinvolgimento di altri paesi.

Con la legge n. 100 del 2012 – che va ad esplicitare le singole attività di prevenzione volte a evitare o a ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti agli eventi – per la prima volta si parla chiaramente di allertamento, pianificazione, formazione, diffusione della conoscenza di protezione civile, informazione alla popolazione, applicazione della normativa tecnica e di esercitazioni.

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SOCCORSO

Compito del Servizio nazionale della protezione civile è agire in modo da ridurre al minimo il tempo che intercorre tra una calamità e i primi soccorsi e interventi. A questo proposito è attiva nel Dipartimento della Protezione Civile una sala operativa di monitoraggio, denominata Sistema, in funzione 24 ore su 24, che ha il compito di raccogliere, verificare e diffondere le informazioni alle componenti e alle strutture operative, sia a livello centrale che locale.

Quando si verifica una calamità, Sistema raccoglie le informazioni sulla portata dell’evento e valuta se le risorse locali siano sufficienti a farvi fronte.

Eventi di protezione civile
. Per identificare più facilmente quale componente della protezione civile deve mobilitarsi per prima, la legge 225 del 1992 all’art. 2 ha classificato gli eventi, secondo estensione e gravità, in tre tipi:

  • eventi a: eventi naturali, connessi con l’attività dell’uomo, su cui possono intervenire singoli enti e amministrazioni in via ordinaria.
  • eventi b: eventi naturali, connessi con l’attività dell’uomo, che comportano l’intervento coordinato di più enti e amministrazioni in via ordinaria.
  • eventi c: calamità naturali o connesse con l’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità ed estensione devono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo.

Piani di emergenza. Per garantire una risposta efficace alle calamità, agli enti locali spetta la pianificazione per la gestione dell’evento, che individua gli scenari di rischio del territorio, la strategia e il modello di intervento, le responsabilità e il sistema di scambio di informazioni tra sistema centrale e periferico. Il Dipartimento della Protezione CIvile definisce i criteri generali per la pianificazione di emergenza e li indirizza alle Regioni, che danno indicazioni per la preparazione dei piani provinciali e comunali. Province e Comuni predispongono i piani a seconda dei rischi del loro territorio.

Coordinamento delle attività nei centri operativi. Ai vari livelli territoriali e funzionali, il coordinamento segue i principi del metodo Augustus, che permette una gestione semplice e flessibile dell’emergenza. Gli organi di coordinamento sono i “centri operativi”, organizzati in funzioni di supporto, associate a diversi settori di attività e di intervento, es. “Tecnica e pianificazione” o “Volontariato”. Per ciascuna funzione è individuato un responsabile che, in situazione ordinaria, provvede all’aggiornamento dei dati e delle procedure in emergenza, in emergenza invece coordina e garantisce il raccordo con le diverse funzioni.

Attivazione del Dipartimento. In base alla situazione prevista o in atto, il centro di coordinamento Sistema, attivo presso la Sala Situazione Italia, assume diversi gradi di attivazione, chiamati Stati di configurazione, secondo una procedura interna. In caso di eventi di tipo c, la Sala Operativa si configura come Unità di crisi e viene convocato il Comitato operativo, che ha il compito di indirizzare e coordinare l’intervento in emergenza.

Negli ultimi anni con il lavoro sistematico e l’iniziativa delle strutture decentrate soprattutto a livello regionale, si sono ridotti i tempi medi di soccorso. È anche aumentata la conoscenza delle azioni necessarie e la capacità di operare per ridurre il danno alle persone, alle cose, al patrimonio artistico e ai beni culturali e i tempi per il ripristino delle normali condizioni di vita nelle zone disastrate.

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